Un tempo scrivevo un diario, mi è sempre piaciuto raccontarmi. C’è una cosa molto bella di Sylvain Tesson, quando ci dice che l’appuntamento quotidiano con la pagina bianca costringe a prestare più attenzione ai fatti della giornata, ad ascoltare meglio, a pensare più a fondo. A guardare più intensamente. E a “sentire”. Ecco, ci ho riflettuto e vi dico perché ho deciso di scrivere. Non ero molto brava con le parole, all’esame di maturità feci un tema pessimo sulla famiglia che per poco non compromise il mio voto finale. All’epoca non lo sapevo dove mi avrebbe portato la scrittura, il mio professore di italiano non era molto bravo ad aprire finestre sul mondo di cui io avevo sete.
Viceversa, il mio prof di inglese resterà nel mio cuore perché non insegnava la materia, lui insegnava il pensiero. A casa mio padre comprava sempre il Corriere e io lo leggevo, con le mani ingrigite, appassionata degli articoli che piacevano a lui, quelli che raccontavano storie, storie di persone. Ancora oggi ritengo che sono quelle che funzionano. Sempre. Oggi dico ai ragazzi che mi capita di incontrare, dovete leggere il giornale, e dovete farlo con quello cartaceo. Leggerlo in versione mobile non è la stessa cosa, non lo è per i libri. Figuriamoci per il quotidiano.
Le sfide nella vita ti aiutano a scoprire chi sei, sosteneva Bernice Johnson Reagon, e per me è stato esattamente così. Se tu accetti la sfida di distaccarti dallo schermo e di sporcarti le mani, saprai che ne sarà valsa la pena. Veniamo a noi. Non scrivevo, eppure un giorno Vittorio D’Amore, un free lance che collaborava con il nostro team e a cui sono grata, mi disse, noi dobbiamo fare una newsletter.
Chiariamoci subito: che cosa significa per un’azienda b2B editare una newsletter?
Quali sono i vantaggi immediati di una comunicazione istituzionale?
Altolà. Fermiamoci a ragionare sul significato profondo delle dinamiche. Quando una newsletter può dirsi davvero efficace?
Io mi sono risposta con una bellissima analisi di Paolo Crepet: la vita, come l’amore è l’unico “business” il cui bilancio deve finire in rosso. Perché bisogna dare tutto senza calcolare ciò che ci viene riversato. Quello che diamo agli altri è nostro per sempre, mentre quello che si tiene per sé è perso per sempre. E io, mi sono detta, non voglio perdere nulla.
Ci ho messo qualche anno per capire che per veicolare il brand non serve raggiungere solo i tuoi clienti, ma è necessario creare un’audience. Giusta, qualificata, attenta. Selettiva, come lo sono io. Vittorio, che scriviamo, chiedevo io? Ero terrorizzata dall’assenza di contenuti, dal materiale fotografico necessario per dare appeal, ma oggi, senza presunzione, posso dire di aver macinato esperienza e di essere diventata il piano editoriale di me stessa. Non è mai stato facile ottenere l’autorizzazione dei clienti per utilizzare il loro brand per una nostra promozione. Mai. Però oggi sono molti di loro che cercano me per essere raccontati. E questo è il merito della relazione collaborativa che abbiamo instaurato. Su internet ci sono tantissime strategie, molto generaliste che ovviamente anche io ho seguito, ma vi racconterò quello che nessuno vi dice, e che per me sono i consigli vincenti da poter seguire:
L’autenticità nella redazione dei contenuti è tutto.
Gli articoli della mia newsletter li scrivo da sola, di notte. Quando i bambini dormono. Non è un lavoro. È la mia passione. Io racconto storie della mia vita, come se fosse un diario, e sono stata capace di identificare perfettamente il mio racconto con quello dell’azienda. Tutto questo garantisce il valore della comunicazione: l’autenticità, appunto. Mi chiederete, che significa essere autentici. “Scopri chi sei e non avere paura di esserlo”. Lo sosteneva Gandhi, mica uno qualsiasi. Scoprire se stessi non è semplice, comunicarlo agli altri, ancora di meno. Oggi la comunicazione è piatta, basti pensare alla moda dell’employer branding, con tutti a fare la foto del dipendente del mese come se fosse la scimmia in uno zoo. No. Per me la comunicazione è un’altra cosa. Vuol dire sussurrare, entrare dentro, far riflettere, creare uno stimolo.
La mia autenticità passa inesorabilmente per questo approfondimento.
Leggo Alda Merini,
Le persone capitano per caso nella nostra vita, ma non a caso.
Riflettiamoci. Per caso è una parola bellissima. A caso è una da abolire.